Legge 20 maggio 1970, n 300

LEGGE 20 maggio 1970 , n. 300
Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
 Vigente al: 21-4-2022  
TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE

    La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della Repubblica hanno
approvato;

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

                              PROMULGA

la seguente legge:
                               Art. 1.
                       (Liberta' di opinione)

  I  lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e
di  fede  religiosa,  hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro
opera,  di  manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto
dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
                               Art. 2.
                          (Guardie giurate)

  Il  datore di lavoro puo' impiegare le guardie particolari giurate,
di  cui  agli  articoli  133 e seguenti del testo unico approvato con
regio  decreto  18  giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela
del patrimonio aziendale.
  Le  guardie  giurate  non possono contestare ai lavoratori azioni o
fatti  diversi  da  quelli  che  attengono alla tutela del patrimonio
aziendale.
  E'  fatto  divieto  al  datore  di lavoro di adibire alla vigilanza
sull'attivita'  lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali
non  possono  accedere  nei  locali  dove  si  svolge tale attivita',
durante  lo  svolgimento  della  stessa,  se  non eccezionalmente per
specifiche  e  motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo
comma,  in  caso  di inosservanza da parte di una guardia particolare
giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato
del  lavoro  ne  promuove  presso  il  questore  la  sospensione  dal
servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del
prefetto nei casi piu' gravi.
                               Art. 3.
                      (Personale di vigilanza)

  I  nominativi  e  le mansioni specifiche del personale addetto alla
vigilanza  dell'attivita'  lavorativa  debbono  essere  comunicati ai
lavoratori interessati.
                               Art. 4. 
       (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo). 
 
  1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali  derivi
anche la possibilita' di  controllo  a  distanza  dell'attivita'  dei
lavoratori  possono  essere  impiegati  esclusivamente  per  esigenze
organizzative e produttive, per la sicurezza  del  lavoro  e  per  la
tutela del patrimonio aziendale e possono  essere  installati  previo
accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale  unitaria
o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel  caso
di imprese con unita' produttive ubicate in  diverse  province  della
stessa regione ovvero in  piu'  regioni,  tale  accordo  puo'  essere
stipulato  dalle   associazioni   sindacali   comparativamente   piu'
rappresentative sul piano nazionale. ((In mancanza  di  accordo,  gli
impianti e gli strumenti di  cui  al  primo  periodo  possono  essere
installati   previa   autorizzazione    delle    sede    territoriale
dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso  di
imprese con unita' produttive dislocate negli ambiti di competenza di
piu'  sedi  territoriali,  della   sede   centrale   dell'Ispettorato
nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al  terzo  periodo  sono
definitivi.)) 
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli  strumenti
utilizzati dal lavoratore per rendere  la  prestazione  lavorativa  e
agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 
  3. Le  informazioni  raccolte  ai  sensi  dei  commi  1  e  2  sono
utilizzabili a  tutti  i  fini  connessi  al  rapporto  di  lavoro  a
condizione che sia data al  lavoratore  adeguata  informazione  delle
modalita' d'uso degli strumenti e di effettuazione  dei  controlli  e
nel rispetto di quanto disposto dal  decreto  legislativo  30  giugno
2003, n. 196. 
                               Art. 5.
                       (Accertamenti sanitari)

  Sono  vietati  accertamenti  da  parte  del  datore di lavoro sulla
idoneita' e sulla infermita' per malattia o infortunio del lavoratore
dipendente.
  Il  controllo  delle  assenze per infermita' puo' essere effettuato
soltanto  attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti,  i  quali  sono  tenuti  a  compierlo quando il datore di
lavoro lo richieda.
  Il  datore  di  lavoro  ha facolta' di far controllare la idoneita'
fisica   del  lavoratore  da  parte  di  enti  pubblici  ed  istituti
specializzati di diritto pubblico.
                               Art. 6.
                   (Visite personali di controllo)

  Le  visite  personali  di  controllo  sul  lavoratore  sono vietate
fuorche'  nei  casi  in cui siano indispensabili ai fini della tutela
del  patrimonio aziendale, in relazione alla qualita' degli strumenti
di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
  In  tali  casi  le  visite  personali  potranno  essere  effettuate
soltanto  a  condizione  che  siano eseguite all'uscita dei luoghi di
lavoro,  che  siano  salvaguardate  la dignita' e la riservatezza del
lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione
automatica riferiti alla collettivita' o a gruppi di lavoratori.
  Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali,
nonche',  ferme  restando  le  condizioni di cui al secondo comma del
presente  articolo,  le  relative modalita' debbono essere concordate
dal  datore  di  lavoro  con  le  rappresentanze  sindacali aziendali
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto
di  accordo,  su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato
del lavoro.
  Contro  i  provvedimenti  dell'Ispettorato  del  lavoro  di  cui al
precedente  comma,  il  datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali  o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
sindacati  dei  lavoratori  di  cui al successivo articolo 19 possono
ricorrere,  entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
                               Art. 7. 
                       (Sanzioni disciplinari) 
 
  Le norme disciplinari relative alle sanzioni,  alle  infrazioni  in
relazione alle quali ciascuna di esse puo' essere applicata  ed  alle
procedure di contestazione delle  stesse,  devono  essere  portate  a
conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile  a
tutti. Esse devono  applicare  quanto  in  materia  e'  stabilito  da
accordi e contratti di lavoro ove esistano. (5) 
  Il  datore  di  lavoro  non  puo'  adottare   alcun   provvedimento
disciplinare   nei   confronti   del   lavoratore    senza    avergli
preventivamente contestato l'addebito e senza averlo  sentito  a  sua
difesa. (5) (8) 
  Il  lavoratore  potra'  farsi  assistere   da   un   rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o  conferisce  mandato.  (5)
(8) 
  Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n.  604,
non possono essere  disposte  sanzioni  disciplinari  che  comportino
mutamenti definitivi del rapporto di lavoro;  inoltre  la  multa  non
puo' essere disposta per un importo superiore  a  quattro  ore  della
retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla  retribuzione
per piu' di dieci giorni. 
  In  ogni  caso,  i  provvedimenti  disciplinari  piu'   gravi   del
rimprovero verbale, non possono  essere  applicati  prima  che  siano
trascorsi cinque giorni dalla contestazione per  iscritto  del  fatto
che vi ha dato causa. 
  Salvo analoghe  procedure  previste  dai  contratti  collettivi  di
lavoro e ferma restando la facolta' di adire l'autorita' giudiziaria,
il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione  disciplinare
puo'  promuovere,  nei  venti  giorni  successivi,  anche  per  mezzo
dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca  mandato,
la costituzione, tramite l'ufficio provinciale  del  lavoro  e  della
massima occupazione, di un collegio di  conciliazione  ed  arbitrato,
composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da  un  terzo
membro scelto di comune accordo o, in difetto  di  accordo,  nominato
dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. 
  Qualora il datore  di  lavoro  non  provveda,  entro  dieci  giorni
dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui  al  comma  precedente,  la
sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di  lavoro  adisce
l'autorita' giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa  fino
alla definizione del giudizio. 
  Non puo' tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla loro applicazione. 
                                                               ((24)) 
 
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AGGIORNAMENTO (5) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza del 29-30 novembre  1982,  n.
204  (in  G.U.  1a  s.s.   09/12/1982,   n.   338),   ha   dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale dei commi  primo,  secondo  e  terzo
dell'art. 7 (sanzioni disciplinari) l. 20 maggio 1970, n. 300  (norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), interpretati nel  senso  che  siano  inapplicabili  ai
licenziamenti  disciplinari,  per  i  quali  detti  commi  non  siano
espressamente richiamati dalla normativa  legislativa,  collettiva  o
validamente posta dal datore di lavoro". 
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AGGIORNAMENTO (8) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza del 18-25 luglio 1989, n. 427
(in G.U. 1a s.s. 02/08/1989, n. 31), ha dichiarato "la illegittimita'
costituzionale dell'art. 7, secondo e terzo  comma,  della  legge  20
maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei
lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'  sindacale  nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella  parte  in  cui  e'
esclusa  la  loro  applicabilita'   al   licenziamento   per   motivi
disciplinari irrogato  da  imprenditore  che  abbia  meno  di  sedici
dipendenti". 
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AGGIORNAMENTO (24) 
  La L. 28 giugno 2012, n. 92, ha disposto (con l'art. 1,  comma  41)
che   "Il   licenziamento   intimato   all'esito   del   procedimento
disciplinare di cui all'articolo 7 della legge  20  maggio  1970,  n.
300, oppure all'esito del procedimento di cui  all'articolo  7  della
legge 15 luglio 1966, n.  604,  come  sostituito  dal  comma  40  del
presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con
cui il procedimento medesimo  e'  stato  avviato,  salvo  l'eventuale
diritto del  lavoratore  al  preavviso  o  alla  relativa  indennita'
sostitutiva; e' fatto  salvo,  in  ogni  caso,  l'effetto  sospensivo
disposto dalle norme del testo unico delle  disposizioni  legislative
in materia di tutela della maternita' e della paternita', di  cui  al
decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.  151.  Gli  effetti  rimangono
altresi' sospesi in  caso  di  impedimento  derivante  da  infortunio
occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza
della procedura si considera come preavviso lavorato". 
                               Art. 8.
                (Divieto di indagini sulle opinioni)

  E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come
nel  corso  dello  svolgimento  del rapporto di lavoro, di effettuare
indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose
o  sindacali  del  lavoratore, nonche' su fatti non rilevanti ai fini
della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
                               Art. 9.
           (Tutela della salute e dell'integrita' fisica)

  I  lavoratori,  mediante  loro  rappresentanze,  hanno  diritto  di
controllare  l'applicazione  delle  norme  per  la  prevenzione degli
infortuni  e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,
l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la
loro salute e la loro integrita' fisica.
                              Art. 10.
                        (Lavoratori studenti)

  I  lavoratori  studenti,  iscritti e frequentanti corsi regolari di
studio   in   scuole   di   istruzione   primaria,  secondaria  e  di
qualificazione   professionale,   statali,  pareggiate  o  legalmente
riconosciute  o  comunque  abilitate  al rilascio di titoli di studio
legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai
corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni
di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
  I  lavoratori  studenti,  compresi  quelli universitari, che devono
sostenere  prove  di  esame,  hanno  diritto  a  fruire  di  permessi
giornalieri retribuiti.
  Il   datore   di  lavoro  potra'  richiedere  la  produzione  delle
certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e
secondo comma.
                              Art. 11.
(  Attivita'  culturali, ricreative e assistenziali ((e controlli sul
                        servizio di mensa)) )

    Le attivita' culturali, ricreative ed assistenziali promosse
  nell'azienda  sono  gestite  da organismi formati a maggioranza dai
rappresentanti dei lavoratori.
  ((Le   rappresentanze   sindacali  aziendali,  costituite  a  norma
dell'articolo  19,  hanno  diritto  di  controllare  la  qualita' del
servizio  di  mensa  secondo modalita' stabilite dalla contrattazione
collettiva)).
                              Art. 12.
                       (Istituti di patronato)

  Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
Ministero  del  lavoro  e della previdenza sociale, per l'adempimento
dei  compiti di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato  29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano
di  parita',  la  loro attivita' all'interno dell'azienda, secondo le
modalita' da stabilirsi con accordi aziendali.
                              Art. 13.
                      (Mansioni del lavoratore)

  L'articolo 2103 del codice civile e' sostituito dal seguente:
  "Il  prestatore  di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali  e'  stato  assunto  o  a  quelle corrispondenti alla categoria
superiore  che  abbia  successivamente  acquisito  ovvero  a mansioni
equivalenti   alle   ultime   effettivamente   svolte,  senza  alcuna
diminuzione  della  retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni
superiori  il  prestatore  ha  diritto  al trattamento corrispondente
all'attivita' svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove
la  medesima  non  abbia  avuto  luogo per sostituzione di lavoratore
assente  con  diritto  alla  conservazione del posto, dopo un periodo
fissato  dai  contratti  collettivi,  e  comunque non superiore a tre
mesi.  Egli  non  puo'  essere trasferito da una unita' produttiva ad
un'altra  se  non  per  comprovate  ragioni tecniche, organizzative e
produttive.
  Ogni patto contrario e' nullo".
TITOLO II
DELLA LIBERTA' SINDACALE

                              Art. 14.
         (Diritto di associazione e di attivita' sindacale)

  Il  diritto  di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
svolgere  attivita'  sindacale,  e'  garantito  a  tutti i lavoratori
all'interno dei luoghi di lavoro.
                              Art. 15. 
                        (Atti discriminatori) 
 
  E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a: 
    a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che
aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di
farne parte; 
    b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione  di
qualifiche  o  mansioni,   nei   trasferimenti,   nei   provvedimenti
disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio  a  causa  della  sua
affiliazione o attivita' sindacale ovvero della sua partecipazione ad
uno sciopero. 
  Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresi' ai
patti o atti diretti a fini di discriminazione  politica,  religiosa,
razziale, di  lingua  o  di  sesso,  di  handicap,  di  eta'  ((,  di
nazionalita'))  o   basata   sull'orientamento   sessuale   o   sulle
convinzioni personali. 
                              Art. 16.
          (Trattamenti economici collettivi discriminatori)

  E'  vietata  la  concessione  di  trattamenti  economici di maggior
favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.
  Il  pretore,  su  domanda dei lavoratori nei cui confronti e' stata
attuata  la  discriminazione  di  cui  al  comma  precedente  o delle
associazioni   sindacali   alle  quali  questi  hanno  dato  mandato,
accertati  i  fatti,  condanna  il  datore  di lavoro al pagamento, a
favore  del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo
dei   trattamenti   economici   di  maggior  favore  illegittimamente
corrisposti nel periodo massimo di un anno.
                              Art. 17.
                        (Sindacati di comodo)

  E'  fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori
di   lavoro  di  costituire  o  sostenere,  con  mezzi  finanziari  o
altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
                              Art. 18. 
     Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo 
 
  Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la  nullita'  del
licenziamento perche' discriminatorio ai sensi dell'articolo 3  della
legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero  intimato  in  concomitanza  col
matrimonio  ai  sensi  dell'articolo  35  del   codice   delle   pari
opportunita' tra uomo e donna,  di  cui  al  decreto  legislativo  11
aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento  di
cui all'articolo 54, commi 1,  6,  7  e  9,  del  testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001,  n.   151,   e   successive   modificazioni,   ovvero   perche'
riconducibile ad altri  casi  di  nullita'  previsti  dalla  legge  o
determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo
1345 del codice civile, ordina al datore di  lavoro,  imprenditore  o
non imprenditore, la  reintegrazione  del  lavoratore  nel  posto  di
lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale  che
sia il numero dei  dipendenti  occupati  dal  datore  di  lavoro.  La
presente disposizione  si  applica  anche  ai  dirigenti.  A  seguito
dell'ordine di reintegrazione,  il  rapporto  di  lavoro  si  intende
risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro  trenta
giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in  cui  abbia
richiesto l'indennita' di cui al terzo comma del  presente  articolo.
Il  regime  di  cui  al  presente  articolo  si  applica   anche   al
licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale. 
  Il giudice, con  la  sentenza  di  cui  al  primo  comma,  condanna
altresi' il datore di lavoro al risarcimento  del  danno  subito  dal
lavoratore per  il  licenziamento  di  cui  sia  stata  accertata  la
nullita', stabilendo a tal fine un'indennita' commisurata  all'ultima
retribuzione globale di fatto maturata dal giorno  del  licenziamento
sino  a  quello   dell'effettiva   reintegrazione,   dedotto   quanto
percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di  altre
attivita' lavorative. In ogni caso la  misura  del  risarcimento  non
potra'  essere  inferiore  a  cinque  mensilita'  della  retribuzione
globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato inoltre,  per  il
medesimo  periodo,  al  versamento  dei  contributi  previdenziali  e
assistenziali. 
  Fermo restando il diritto al risarcimento del danno  come  previsto
al secondo comma, al lavoratore e' data la facolta'  di  chiedere  al
datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel  posto  di
lavoro,  un'indennita'  pari  a   quindici   mensilita'   dell'ultima
retribuzione  globale  di  fatto,  la  cui  richiesta  determina   la
risoluzione del rapporto di lavoro,  e  che  non  e'  assoggettata  a
contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennita' deve essere
effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a  riprendere  servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione. 
  Il giudice, nelle ipotesi in cui  accerta  che  non  ricorrono  gli
estremi del giustificato  motivo  soggettivo  o  della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto  contestato
ovvero perche' il fatto rientra tra  le  condotte  punibili  con  una
sanzione conservativa  sulla  base  delle  previsioni  dei  contratti
collettivi ovvero dei codici  disciplinari  applicabili,  annulla  il
licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  nel
posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto  quanto  il  lavoratore  ha   percepito,   nel   periodo   di
estromissione, per lo  svolgimento  di  altre  attivita'  lavorative,
nonche' quanto avrebbe potuto  percepire  dedicandosi  con  diligenza
alla ricerca di  una  nuova  occupazione.  In  ogni  caso  la  misura
dell'indennita' risarcitoria  non  puo'  essere  superiore  a  dodici
mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore  di  lavoro
e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal  giorno  del  licenziamento  fino  a  quello  della
effettiva reintegrazione, maggiorati  degli  interessi  nella  misura
legale  senza  applicazione  di  sanzioni  per  omessa  o   ritardata
contribuzione, per un  importo  pari  al  differenziale  contributivo
esistente  tra  la  contribuzione  che  sarebbe  stata  maturata  nel
rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo  licenziamento  e  quella
accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento  di  altre
attivita' lavorative. In  quest'ultimo  caso,  qualora  i  contributi
afferiscano ad  altra  gestione  previdenziale,  essi  sono  imputati
d'ufficio  alla  gestione  corrispondente  all'attivita'   lavorativa
svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi  al
datore  di  lavoro.  A  seguito  dell'ordine  di  reintegrazione,  il
rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non  abbia
ripreso servizio  entro  trenta  giorni  dall'invito  del  datore  di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' sostitutiva
della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. 
  Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta  che  non  ricorrono
gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di  lavoro
con effetto dalla data del licenziamento  e  condanna  il  datore  di
lavoro al pagamento  di  un'indennita'  risarcitoria  onnicomprensiva
determinata tra un minimo di dodici  e  un  massimo  di  ventiquattro
mensilita' dell'ultima retribuzione globale di  fatto,  in  relazione
all'anzianita'  del  lavoratore  e  tenuto  conto  del   numero   dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita'  economica,  del
comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di  specifica
motivazione a tale riguardo. 
  Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace  per
violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2,  comma
2, della legge 15 luglio 1966, n. 604,  e  successive  modificazioni,
della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge,  o  della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni, si applica  il  regime  di  cui  al  quinto
comma,  ma  con   attribuzione   al   lavoratore   di   un'indennita'
risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla  gravita'
della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro,
tra un minimo di sei e un massimo di  dodici  mensilita'  dell'ultima
retribuzione globale di fatto, con onere di specifica  motivazione  a
tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base  della  domanda  del
lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal
presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. 
  Il giudice applica la medesima disciplina di cui  al  quarto  comma
del presente articolo nell'ipotesi  in  cui  accerti  il  difetto  di
giustificazione del licenziamento  intimato,  anche  ai  sensi  degli
articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68,
per motivo oggettivo consistente nell'inidoneita' fisica  o  psichica
del lavoratore, ovvero che il  licenziamento  e'  stato  intimato  in
violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Puo'
altresi' applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti
la manifesta insussistenza del fatto posto a base  del  licenziamento
per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta
che non ricorrono gli estremi del predetto  giustificato  motivo,  il
giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale  ultimo
caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennita' tra  il
minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al
quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la  ricerca
di una nuova occupazione e del comportamento delle parti  nell'ambito
della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966,  n.
604, e successive modificazioni. Qualora,  nel  corso  del  giudizio,
sulla base della domanda formulata dal lavoratore,  il  licenziamento
risulti  determinato  da  ragioni  discriminatorie  o   disciplinari,
trovano  applicazione  le  relative  tutele  previste  dal   presente
articolo. ((28)) 
  Le disposizioni dei commi dal quarto al  settimo  si  applicano  al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,  che  in  ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale  ha
avuto luogo il licenziamento  occupa  alle  sue  dipendenze  piu'  di
quindici lavoratori o piu' di cinque se  si  tratta  di  imprenditore
agricolo,  nonche'  al  datore  di   lavoro,   imprenditore   o   non
imprenditore, che nell'ambito dello  stesso  comune  occupa  piu'  di
quindici dipendenti e all'impresa agricola che  nel  medesimo  ambito
territoriale occupa piu' di  cinque  dipendenti,  anche  se  ciascuna
unita' produttiva,  singolarmente  considerata,  non  raggiunge  tali
limiti, e in ogni caso  al  datore  di  lavoro,  imprenditore  e  non
imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti. 
  Ai fini del computo del numero dei  dipendenti  di  cui  all'ottavo
comma si tiene conto dei lavoratori assunti  con  contratto  a  tempo
indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente  svolto,
tenendo  conto,  a  tale  proposito,  che  il  computo  delle  unita'
lavorative fa riferimento all'orario  previsto  dalla  contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i  parenti  del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e  in  linea
collaterale. Il computo dei limiti occupazionali  di  cui  all'ottavo
comma non incide su  norme  o  istituti  che  prevedono  agevolazioni
finanziarie o creditizie. 
  Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata  entro
il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro
dell'impugnazione del medesimo, il  rapporto  di  lavoro  si  intende
ripristinato  senza  soluzione  di  continuita',  con   diritto   del
lavoratore alla retribuzione maturata  nel  periodo  precedente  alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal
presente articolo. 
  Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all'articolo
22, su istanza congiunta del lavoratore e del  sindacato  cui  questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado  del
giudizio di merito,  puo'  disporre  con  ordinanza,  quando  ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal  datore
di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. 
  L'ordinanza di cui al comma precedente puo'  essere  impugnata  con
reclamo immediato  al  giudice  medesimo  che  l'ha  pronunciata.  Si
applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto  e
sesto comma del codice di procedura civile. 
  L'ordinanza puo' essere revocata con  la  sentenza  che  decide  la
causa. 
  Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all'articolo
22, il datore di lavoro che non ottempera alla  sentenza  di  cui  al
primo comma ovvero all'ordinanza di  cui  all'undicesimo  comma,  non
impugnata o confermata dal giudice che l'ha  pronunciata,  e'  tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a  favore  del  Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione
dovuta al lavoratore. (9) (23) 
--------------- 
AGGIORNAMENTO (9) 
  La L. 11 maggio 1990, n. 108 ha disposto (con l'art.  4,  comma  1)
che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, le  disposizioni
degli  articoli  1  e  2  non  trovano  applicazione   nei   rapporti
disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339. La disciplina di  cui
all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300,  come  modificato
dall'articolo 1 della presente  legge,  non  trova  applicazione  nei
confronti dei datori di lavoro non imprenditori  che  svolgono  senza
fini di lucro attivita' di natura politica, sindacale, culturale,  di
istruzione ovvero di religione o di culto"; ha inoltre disposto  (con
l'art. 4, comma 2) che "Le disposizioni di cui all'articolo 18  della
legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo  1  della
presente legge, e dell'articolo 2 non si applicano nei confronti  dei
prestatori di lavoro  ultrasessantenni,  in  possesso  dei  requisiti
pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione  del
rapporto di lavoro ai sensi  dell'articolo  6  del  decreto-legge  22
dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1982, n. 54. Sono fatte salve le disposizioni  dell'articolo
3 della presente legge e dell'articolo 9 della legge 15 luglio  1966,
n. 604". 
--------------- 
AGGIORNAMENTO (23) 
  Il D.L. 31 dicembre 2007,  n.  248,  convertito  con  modificazioni
dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha disposto (con  l'art.  6,  comma
2-bis) che "L'efficacia delle disposizioni  di  cui  all'articolo  18
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive  modificazioni,  nei
confronti  del  prestatore  di  lavoro  nelle   condizioni   previste
dall'articolo 4, comma 2, della legge 11  maggio  1990,  n.  108,  e'
comunque prorogata fino al momento della decorrenza  del  trattamento
pensionistico di vecchiaia spettante al prestatore medesimo". 
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AGGIORNAMENTO (28) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza 24 febbraio - 1 aprile  2021,
n.  59  (in  G.U.  1ª  s.s.  07/04/2021,  n.   14),   ha   dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo
periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
dell'attivita'  sindacale,  nei  luoghi  di  lavoro   e   norme   sul
collocamento), come modificato dall'art. 1,  comma  42,  lettera  b),
della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma
del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita),  nella  parte
in  cui  prevede  che  il  giudice,  quando  accerti   la   manifesta
insussistenza  del  fatto  posto  a  base   del   licenziamento   per
giustificato motivo oggettivo, «puo' altresi' applicare» - invece che
«applica altresi'» - la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto
comma". 
TITOLO III
DELL'ATTIVITA' SINDACALE

                              Art. 19. 
       (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali) 
 
  Rappresentanze sindacali aziendali  possono  essere  costituite  ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito: 
    a) LETTERA ABROGATA DAL D.P.R. 28 LUGLIO 1995, N. 312  A  SEGUITO
DI REFERENDUM POPOLARE. 
    delle associazioni sindacali, che siano firmatarie  di  contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. ((25)) 
  Nell'ambito di aziende con piu' unita' produttive le rappresentanze
sindacali possono istituire organi di coordinamento. (16) 
 
------------- 
AGGIORNAMENTO (16) 
  Il D.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 ha disposto (con l'art.  1,  comma
2) che l'abrogazione di cui alla lettera a) e l'abrogazione  parziale
di cui alla lettera b) del presente articolo  hanno  effetto  decorsi
sessanta giorni dalla data  di  pubblicazione  del  medesimo  decreto
nella Gazzetta Ufficiale. 
------------- 
AGGIORNAMENTO (25) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza 3 - 23 luglio  2013,  n.  231
(in G.U. 1a s.s. 31/7/2013, n. 31), ha  dichiarato  "l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge
20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e  dignita'
dei lavoratori, della liberta' sindacale e  dell'attivita'  sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella  parte  in  cui
non prevede che la rappresentanza sindacale  aziendale  possa  essere
costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che,  pur  non
firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva,
abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa  agli  stessi
contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda". 
                              Art. 20.
                             (Assemblea)

  I  lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unita' produttiva in
cui  prestano  la  loro  opera,  fuori dell'orario di lavoro, nonche'
durante  l'orario  di  lavoro,  nei limiti di dieci ore annue, per le
quali verra' corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni
possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
  Le  riunioni - che possono riguardare la generalita' dei lavoratori
o  gruppi  di  essi  -  sono indette, singolarmente o congiuntamente,
dalle  rappresentanze sindacali aziendali nell'unita' produttiva, con
ordine  del  giorno  su materie di interesse sindacale e del lavoro e
secondo  l'ordine  di  precedenza  delle  convocazioni, comunicate al
datore di lavoro.
  Alle  riunioni  possono  partecipare, previo preavviso al datore di
lavoro,   dirigenti  esterni  del  sindacato  che  ha  costituito  la
rappresentanza sindacale aziendale.
  Ulteriori  modalita'  per  l'esercizio  del  diritto  di  assemblea
possono  essere  stabilite  dai contratti collettivi di lavoro, anche
aziendali.
                              Art. 21.
                            (Referendum)

  Il  datore  di  lavoro  deve  consentire  nell'ambito  aziendale lo
svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali
che  per  categoria,  su  materie  inerenti  all'attivita' sindacale,
indetti   da  tutte  le  rappresentanze  sindacali  aziendali  tra  i
lavoratori,  con  diritto  di  partecipazione  di  tutti i lavoratori
appartenenti  alla unita' produttiva e alla categoria particolarmente
interessata.
  Ulteriori  modalita'  per  lo  svolgimento  del  referendum possono
essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
                              Art. 22.
(Trasferimento dei dirigenti delle      rappresentanze      sindacali
                             aziendali)

  Il   trasferimento   dall'unita'  produttiva  dei  dirigenti  delle
rappresentanze  sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19,
dei  candidati  e  dei  membri  di  commissione  interna  puo' essere
disposto  solo  previo  nulla  osta  delle  associazioni sindacali di
appartenenza.
  Le  disposizioni  di  cui  al  comma precedente ed ai commi quarto,
quinto,  sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine
del  terzo  mese  successivo  a  quello  in  cui  e'  stata eletta la
commissione  interna per i candidati nelle elezioni della commissione
stessa  e  sino  alla  fine  dell'anno  successivo a quello in cui e'
cessato l'incarico per tutti gli altri.
                              Art. 23.
                        (Permessi retribuiti)

  I   dirigenti  delle  rappresentanze  sindacali  aziendali  di  cui
all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a
permessi retribuiti.
  Salvo  clausole  piu' favorevoli dei contratti collettivi di lavoro
hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
    a)  un  dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale
nelle  unita'  produttive  che  occupano  fino a 200 dipendenti della
categoria per cui la stessa e' organizzata;
    b)  un  dirigente  ogni  300  o  frazione  di  300 dipendenti per
ciascuna  rappresentanza  sindacale aziendale nelle unita' produttive
che  occupano  fino  a  3.000  dipendenti  della categoria per cui la
stessa e' organizzata;
    c)  un  dirigente  ogni  500  o  frazione di 500 dipendenti della
categoria   per   cui  e'  organizzata  la  rappresentanza  sindacale
aziendale nelle unita' produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta
al numero minimo di cui alla precedente lettera b).
  I  permessi  retribuiti  di  cui  al presente articolo non potranno
essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere
b)  e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i
permessi  retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno
per ciascun dipendente.
  Il  lavoratore  che  intende  esercitare il diritto di cui al primo
comma  deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola
24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali. ((1))
---------------
AGGIORNAMENTO (1)
  Il  D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16  aprile  1974,  n.  114,  ha  disposto  (con l'art. 16-ter) che "I
periodi  di  aspettativa  previsti  dall'articolo  31  della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e  32  della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro  ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di  cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
                              Art. 24.
                      (Permessi non retribuiti)

  I  dirigenti  sindacali  aziendali  di  cui  all'articolo  23 hanno
diritto  a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative
sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non
inferiore a otto giorni all'anno.
  I  lavoratori  che  intendano esercitare il diritto di cui al comma
precedente  devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di
regola   tre   giorni  prima,  tramite  le  rappresentanze  sindacali
aziendali.
                              Art. 25.
                       (Diritto di affissione)

  Le  rappresentanze  sindacali aziendali hanno diritto di affiggere,
su   appositi  spazi,  che  il  datore  di  lavoro  ha  l'obbligo  di
predisporre  in  luoghi  accessibili a tutti i lavoratori all'interno
dell'unita'  produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a
materie di interesse sindacale e del lavoro.
                              Art. 26.
                       (Contributi sindacali)

  I  lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere
opera   di   proselitismo   per   le  loro  organizzazioni  sindacali
all'interno  dei  luoghi  di  lavoro,  senza  pregiudizio del normale
svolgimento dell'attivita' aziendale.
  ((COMMA  ABROGATO  DAL  D.P.R.  28 LUGLIO 1995, N. 313 A SEGUITO DI
REFERENDUM POPOLARE)).
  ((COMMA  ABROGATO  DAL  D.P.R.  28 LUGLIO 1995, N. 313 A SEGUITO DI
REFERENDUM POPOLARE)).
                              Art. 27.
          (Locali delle rappresentanze sindacali aziendali)

  Il  datore  di  lavoro  nelle  unita'  produttive  con  almeno  200
dipendenti  pone  permanentemente a disposizione delle rappresentanze
sindacali  aziendali,  per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo
locale  comune  all'interno della unita' produttiva o nelle immediate
vicinanze di essa.
  Nelle  unita'  produttive  con un numero inferiore di dipendenti le
rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne
facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI

                              Art. 28.
             (Repressione della condotta antisindacale)

  Qualora  il  datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti
ad  impedire  o limitare l'esercizio della liberta' e della attivita'
sindacale nonche' del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi
locali   delle   associazioni  sindacali  nazionali  che  vi  abbiano
interesse,   il   pretore  del  luogo  ove  e'  posto  in  essere  il
comportamento  denunziato,  nei  due  giorni successivi, convocate le
parti  ed  assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente
la  violazione  di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro,
con  decreto  motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
  L'efficacia  esecutiva  del  decreto  non puo' essere revocata fino
alla  sentenza  con  cui il pretore in funzione di giudice del lavoro
definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
  Contro  il  decreto  che  decide  sul  ricorso e' ammessa, entro 15
giorni  dalla  comunicazione  del  decreto  alle  parti,  opposizione
davanti  al  pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con
sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli
articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
  Il  datore  di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo
comma,  o  alla  sentenza  pronunciata nel giudizio di opposizione e'
punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
  L'autorita'  giudiziaria  ordina  la  pubblicazione  della sentenza
penale  di  condanna  nei  modi stabiliti dall'articolo 36 del codice
penale.
  ((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
  ((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
                              Art. 29.
         (Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali)

  Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19
si  siano  costituite nell'ambito di due o piu' delle associazioni di
cui  alle  lettere  a)  e  b) del primo comma dell'articolo predetto,
nonche'  nella ipotesi di fusione di piu' rappresentanze sindacali, i
limiti   numerici  stabiliti  dall'articolo  23,  secondo  comma,  si
intendono   riferiti   a   ciascuna   delle   associazioni  sindacali
unitariamente rappresentate nella unita' produttiva.
  Quando  la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua
alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma  dell'articolo  19, i limiti numerici della tutela accordata ai
dirigenti   di   rappresentanze  sindacali  aziendali,  stabiliti  in
applicazione  dell'articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma
del presente articolo restano immutati.
                              Art. 30.
         (Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali)

  I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
associazioni   di  cui  all'articolo  19  hanno  diritto  a  permessi
retribuiti,  secondo  le  norme  dei  contratti  di  lavoro,  per  la
partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
                              Art. 31.
(Aspettativa  dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o
       a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali).

  I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
Parlamento  europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad
altre  funzioni  pubbliche  elettive  possono,  a  richiesta,  essere
collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro
mandato.
  La  medesima  disposizione  si  applica  ai  lavoratori  chiamati a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
  I   periodi   di  aspettativa  di  cui  ai  precedenti  commi  sono
considerati   utili,   a  richiesta  dell'interessato,  ai  fini  del
riconoscimento  del diritto e della determinazione della misura della
pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al
regio  decreto-legge  4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche
ed  integrazioni,  nonche'  a carico di enti, fondi, casse e gestioni
per  forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione
predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
  Durante   i  periodi  di  aspettativa  l'interessato,  in  caso  di
malattia,   conserva   il  diritto  alle  prestazioni  a  carico  dei
competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
  Le  disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano
qualora  a  favore  dei lavoratori siano previste forme previdenziali
per   il  trattamento  di  pensione  e  per  malattia,  in  relazione
all'attivita' espletata durante il periodo di aspettativa. (1) ((15))
---------------
AGGIORNAMENTO (1)
  Il  D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16  aprile  1974,  n.  114,  ha  disposto  (con l'art. 16-ter) che "I
periodi  di  aspettativa  previsti  dall'articolo  31  della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e  32  della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro  ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di  cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
---------------
AGGIORNAMENTO (15)
  La  L.  23  dicembre 1994, n. 724 ha disposto (con l'art. 22, comma
39) che "La normativa prevista dall'articolo 31 della legge 20 maggio
1970,   n.   300,   e   successive   modificazioni,   si   interpreta
autenticamente  nel  senso  della  sua  applicabilita'  ai dipendenti
pubblici  eletti  nel  Parlamento nazionale, nel Parlamento europeo e
nei consigli regionali".
                              Art. 32.
   (Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive)

  I   lavoratori   eletti  alla  carica  di  consigliere  comunale  o
provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono,
a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo
strettamente  necessario  all'espletamento  del mandato, senza alcuna
decurtazione della retribuzione.
  I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale,
ovvero   di   presidente   di   giunta  provinciale  o  di  assessore
provinciale,  hanno  diritto  anche  a permessi non retribuiti per un
minimo di trenta ore mensili. (1) ((6))
---------------
AGGIORNAMENTO (1)
  Il  D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16  aprile  1974,  n.  114,  ha  disposto  (con l'art. 16-ter) che "I
periodi  di  aspettativa  previsti  dall'articolo  31  della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e  32  della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro  ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di  cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
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AGGIORNAMENTO (6)
  La L. 27 dicembre 1985, n. 816 ha disposto (con l'art. 28, comma 1)
che   "Le   disposizioni   della   presente  legge  sostituiscono  le
disposizioni  contenute  nell'articolo 32 della legge 20 maggio 1970,
n.  300, quelle della legge 12 dicembre 1966, n. 1078, della legge 26
aprile  1974,  n.  169,  e  della  legge  18  dicembre  1979, n. 632,
limitatamente  a  quanto  espressamente  disciplinato  nella presente
legge".
TITOLO V
NORME SUL COLLOCAMENTO

                              Art. 33.
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 19 DICEMBRE 2002, N. 297))
                              Art. 34.
      ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 19 DICEMBRE 2002, N. 297))
TITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI E PENALI

                              Art. 35.
                       (Campo di applicazione)

  Per  le  imprese  industriali  e  commerciali,  le disposizioni del
titolo  III,  ad  eccezione  del  primo comma dell'articolo 27, della
presente  legge  si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo che occupa piu' di quindici dipendenti. Le
stesse  disposizioni  si applicano alle imprese agricole che occupano
piu' di cinque dipendenti.
  Le  norme suddette si applicano, altresi', alle imprese industriali
e  commerciali  che  nell'ambito dello stesso comune occupano piu' di
quindici  dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale  occupano  piu'  di  cinque dipendenti anche se ciascuna
unita'  produttiva,  singolarmente  considerata,  non  raggiunge tali
limiti.
  Ferme  restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e
17,  i  contratti  collettivi  di  lavoro  provvedono  ad applicare i
principi  di  cui alla presente legge alle imprese di navigazione per
il personale navigante. (7) (11) ((12))
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AGGIORNAMENTO (7)
  La  Corte  Costituzionale, con sentenza del 26 marzo-3 aprile 1987,
n.  96  (in  G.U.  1a  s.s.  08/04/1987,  n.  15),  ha dichiarato "la
illegittimita'  costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della l. 20
maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei
lavoratori  e  dell'attivita'  sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul  collocamento),  nella  parte  in  cui  non  prevede  la  diretta
applicabilita'  al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa
legge".
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AGGIORNAMENTO (11)
  La Corte Costituzionale, con sentenza del 17-31 gennaio 1991, n. 41
(in  G.U. 1a s.s. 06/02/1991, n. 6), ha dichiarato "la illegittimita'
costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori e
dell'attivita'  sindacale  nei  luoghi di lavoro), nella parte in cui
non  prevede  la  diretta  applicabilita' al predetto personale anche
dell'art.  18  della  stessa legge, come modificato dall'art. 1 della
legge   11   maggio   1990,  n.  108  (Disciplina  dei  licenziamenti
individuali)".
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AGGIORNAMENTO (12)
  La Corte Costituzionale, con sentenza del 11-23 luglio 1991, n. 364
(in  G.U. 1a s.s. 31/07/1991, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della l. 20 maggio 1970, n.
300  (Norme  sulla  tutela  della liberta' e dignita' dei lavoratori)
nella parte in cui non prevede la diretta applicabilita' al personale
navigante delle "imprese di navigazione" dei commi 1, 2 e 3 dell'art.
7 della medesima legge".
                              Art. 36.
(Obblighi dei titolari  di  benefici  accordati  dallo  Stato e degli
                   appaltatori di opere pubbliche)

  Nei  provvedimenti  di  concessione  di benefici accordati ai sensi
delle  vigenti  leggi  dallo  Stato  a  favore  di  imprenditori  che
esercitano professionalmente un'attivita' economica organizzata e nei
capitolati  di  appalto  attinenti all'esecuzione di opere pubbliche,
deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per
il  beneficiario  o  appaltatore  di applicare o di far applicare nei
confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle
risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della
zona.
  Tale  obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione
degli  impianti  o delle opere che in quella successiva, per tutto il
tempo  in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie
e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni
di legge.
  Ogni   infrazione   al   suddetto   obbligo   che   sia   accertata
dall'Ispettorato   del  lavoro  viene  comunicata  immediatamente  ai
Ministri  nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione
del beneficio o dell'appalto.
  Questi  adotteranno  le  opportune determinazioni, fino alla revoca
del  beneficio, e nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva potranno
decidere  l'esclusione  del  responsabile, per un tempo fino a cinque
anni,  da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie
o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
  Le  disposizioni  di  cui  ai  commi  precedenti si applicano anche
quando  si  tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di
appalti  concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro
comunica  direttamente  le  infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
((18))
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AGGIORNAMENTO (18)
  La  Corte Costituzionale, con sentenza 1-19 giugno 1998, n. 226 (in
G.U.  1a  s.s.  24/06/1998,  n.  25), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento),  nella parte in cui non prevede che, nelle concessioni
di  pubblico  servizio,  deve  essere  inserita la clausola esplicita
determinante  l'obbligo  per  il concessionario di applicare o di far
applicare  nei  confronti  dei  lavoratori  dipendenti condizioni non
inferiori  a  quelle  risultanti  dai  contratti collettivi di lavoro
della categoria e della zona".
                              Art. 37.
            (Applicazione ai dipendenti da enti pubblici)

  Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti
di  lavoro  e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attivita' economica. Le disposizioni
della presente legge si applicano altresi' ai rapporti di impiego dei
dipendenti  dagli  altri  enti  pubblici,  salvo  che  la materia sia
diversamente regolata da norme speciali.
                              Art. 38.
                        (Disposizioni penali)

  Le  violazioni  degli  articoli  2, ((. . .)) 5, 6, ((. . .)) e 15,
primo  comma,  lettera  a),  sono  punite,  salvo  che  il  fatto non
costituisca piu' grave reato, con l'ammenda da lire 100.000 a lire un
milione o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.
  Nei  casi  piu'  gravi  le  pene  dell'arresto  e dell'ammenda sono
applicate congiuntamente.
  Quando,  per  le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita
nel  primo  comma  puo'  presumersi inefficace anche se applicata nel
massimo, il giudice ha facolta' di aumentarla fino al quintuplo.
  Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorita' giudiziaria ordina
la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale.
                              Art. 39.
      (Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni)

  L'importo  delle  ammende  e' versato al Fondo adeguamento pensioni
dei lavoratori.
                              Art. 40.
            (Abrogazione delle disposizioni contrastanti)

  Ogni  disposizione  in  contrasto  con  le  norme  contenute  nella
presente legge e' abrogata.
  Restano  salve  le  condizioni  dei  contratti  collettivi  e degli
accordi sindacali piu' favorevoli ai lavoratori.
                              Art. 41.
                         (Esenzioni fiscali)

  Tutti  gli  atti  e  documenti  necessari  per  la attuazione della
presente  legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonche' tutti
gli   atti  e  documenti  relativi  ai  giudizi  nascenti  dalla  sua
applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi
altra specie e da tasse.

  La  presente  legge,  munita del sigillo dello Stato, sara' inserta
nella  Raccolta  ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.

  Data a Roma, addi' 20 maggio 

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